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giovedì 23 settembre 2010

Citazioni da "Le Volte di Fuoco" di David Eddings (Parte I - sulla politica)

Questo, a mio avviso, è uno dei pezzi migliori che siano mai stati scritti. Un discorso sorprendentemente attuale e affascinante!!!

«Sono felice di scoprire che tutti gli uomini sono ugualmente spregevoli. Disperavo ormai di riuscire a trovare un difetto nella razza styric, ma oggi ho scoperto che, presi in massa, siete come tutti gli altri uomini. La palese bigotteria che avete mostrato qui questo pomeriggio mi ha risollevato dalla disperazione e mi ha riempito il cuore di gioia. È un'estasi di felicità scoprire questo letamaio di avvelenata malvagità nascosto nell'anima styric, poiché prova una volta per tutte che gli uomini sono tutti uguali, senza distinzione di razza. Mi deludete, miei cari fratelli. Un bambino eléne saprebbe trovare insulti più fantasiosi. Davvero questo è il meglio che tutta la saggezza di Styricum riesce a produrre? Davvero non sapete dire altro che 'bastardo eléne'? In effetti, io non lo ritengo nemmeno un insulto, poiché nel mio caso particolare corrisponde alla verità. Sono anche un ladro e un assassino, dedito a un gran numero di ripugnanti abitudini. Ho commesso crimini per cui non esiste nemmeno un nome, e voi credete che i vostri scialbi, miseri insulti possano turbarmi? Qualcuno tra voi può sollevare un'accusa seria prima che io passi a esaminare i vostri difetti?»
«Ci avete reso schiavi!»
«Non io, amico. Io di schiavi non ne voglio. Bisogna dar loro da mangiare, sapete... anche se non lavorano. E allora, veniamo al dunque. Abbiamo stabilito che sono un ladro, un assassino e un bastardo, ma voi? Vi offendereste se vi chiamassi 'piagnoni'? Voi styric frignate di continuo. Vi siete compilati un bell'elenco di tutti i maltrattamenti che avete subito nelle ultime migliaia di anni e godete di un piacere perverso nel sedervi in angoli bui e puzzolenti a rigurgitare il passato e a rimasticarvelo come vomito stantio. Incolpate gli eléne di tutti i vostri problemi. Vi sorprenderebbe scoprire che io non mi sento in colpa per la situazione degli styric? Ho già abbastanza sensi di colpa per ciò che ho fatto senza dovermi battere il petto pensando a cose accadute un millennio prima che nascessi. Sinceramente, amici miei, tutte queste facce da martiri mi annoiano. Non vi stancate mai di compatirvi? E adesso vi offenderò ancor di più arrivando dritto al punto: se volete piagnucolare, fate pure. Vi stiamo offrendo l'opportunità di unirvi a noi nell'affrontare un nemico comune. Ma è soltanto per cortesia, sapete, perché in verità non abbiamo bisogno di voi. Ricordatevelo bene: noi non abbiamo bisogno di voi. Per essere precisi, ci siete d'impaccio. Ho udito un paio di ritardati mentali in questa assemblea suggerire un'alleanza con il nostro nemico. Che cosa vi fa pensare che lui vi voglia come alleati? D'altra parte, il popolo eléne probabilmente sarebbe più che felice di vedervi tentare una strada simile, poiché così avrebbe la scusa per massacrare tutti gli styric che vivono tra qui e gli Stretti di Thalesia. Unirvi a noi non vi assicura la scomparsa dei pregiudizi eléne, ma allearvi ai nostri nemici vi garantisce che nel giro di dieci anni non ci sarà più uno styric vivo in tutti i regni eléne del mondo.»
[Stragen al Consiglio dei Mille di Styricum, "Le Volte di Fuoco" - David Eddings]

Aggiungo un paio di chicche sulla politica, dallo stesso libro.

Lenda: «Vostra maestà non potete rivolgervi all'arciprelato con questo linguaggio! Gli avete detto di tutto tranne che è un ladro e un farabutto.»
Ehlana: «Oh, volete dire che me lo sono dimenticato? Che sbadata.»

Platime: «Non è un bene per voi aristocratici darvi alla criminalità. Cercate sempre di mischiarci anche la politica.»
Ehlana: «Ma mio caro Platime, pensavo che lo sapeste: la politica è un crimine.»

Emban: «Vostra maestà, ho l'onore di presentarvi sua eccellenza l'ambasciatore Oscagne, rappresentante della corte imperiale di Matherion.»
Oscagne: «La divina presenza di vostra maestà mi estasia.»
Ehlana: «Non vi sembra un tantino esagerato, vostra eccellenza?»

Dolmant: «Sparhawk, se io vi ordinassi di andare a Matherion ma vostra moglie vi ordinasse di restare a casa, che cosa fareste?»
Sparhawk: «Probabilmente mi ritirerei in un monastero a invocare la guida di dio per parecchi anni a venire.»

Ehlana: «Che cosa gli avete detto, Stragen?»
Stragen: «Li ho insultati. A tutti i livelli possibili. Poi li ho minacciati di estinguere la loro razza e infine li ho invitati a firmare un trattato di alleanza.»

giovedì 16 settembre 2010

News

Avevo detto che sarei stata costante, ed eccomi qua. 8 giorni dall'ultimo post. Spero non siano troppi. Nel frattempo il problema è che, essendo in fase pesantemente riflessivo-organizzativa, non ho potuto scrivere nulla di serio, a parte il Background del nuovo personaggio, che non credo vi interessi così tanto.
Per di più sono tornati tutti: sia il capo (che mi toglie tempo in ufficio, com'è ovvio e giusto che sia) che il moroso (che mi toglie tempo a casa, com'è ovvio e giusto che sia).
Adesso in pratica sto aspettando di smettere di lavorare per riuscire a dedicarmi ai mille progetti che mi avete vista iniziare. Ma vi pare normale?
A me no. Infatti rimedierò presto al problema. Se ho intenzione di rimanere disoccupata apposta per scrivere? No, certo che no. Non sono nelle condizioni economiche adatte per ora. In compenso ho seriamente intenzione di pubblicare le mie poesie, che ne dite?
I miei amici continuano ad incoraggiarmi...quindi, visto che l'offerta che mi hanno fatto è la migliore che io abbia ricevuto finora...nonchè perfettamente abbordabile per le mie condizioni economiche...credo proprio che ci proverò. Questo vorrà dire che dovrò prendere quello che scrivo più sul serio. Inventarmi una motivazione e una fonte d'ispirazione. Qualcuno potrebbe risentirsi di un'intervista che comincia con:
"Ma insomma, da dove prende le sue poesie? Quando le ha scritte?"
"Mah...alcune invece di ascoltare le lezioni al liceo, altre in autobus la mattina...le migliori facendo sega a scuola."
Proprio un'autrice ispirata, insomma.
Nel frattempo, qualcuno mi ha detto qualcosa a proposito di un certo copyright inesistente...quindi...credo proprio che prenderò in mano le mie belle 110 pagine e ne farà almeno un 3-400...puro e sano fantasy con una protagonista d'eccezione. Vi do due indizi: è piccola e verde!

Vediamo. Sono le 22.06. Credo che per non sbagliare andrò a lavarmi i denti e la faccia. Poi, tempo di mettere il pigiama, dovrebbe chiamarmi Pietro. A quel punto potrò andare a dormire tranquilla. Considerato che domani mi aspettano una bella discussione con il commesso della banca e una bellissima fila alla posta come priorità...farò meglio a sbrigarmi, che ne dite?
Quindi, per tornare alle vecchie tradizioni:

"Che la notte vi copra col suo manto stellato e la luce della luna protegga i vostri sogni."

mercoledì 8 settembre 2010

Tramonto rosso

Scusandomi per l'attesa, vi regalo un Inizio scritto quest'inverno in metro, tratto Circo Massimo-Termini. Buona lettura!

Tramonto rosso

Nel giorno che oggi conosciamo come quello del Tramonto, che precedette la fine della sua eternità, Roma fu bella come mai lo era stata. La morte della città eterna non fu brutale e catastrofica. O spettacolare come quella di molte altre, che si erano spente come può spegnersi un fuoco d’artificio: “col botto”.
No, la fine di Roma fu quella silenziosa e pacifica di un malato terminale. Con due o tre colpi di tosse insanguinata, magari, di cui pochi si accorsero prima che fosse troppo tardi.
Per fare qualcosa, dite?
Oh, no. Certo che no: nessuno avrebbe potuto impedire niente di quello che venne dopo.
Troppo tardi per mettersi salvo, intendevo.
E’ un dato di fatto che le città abbiano una vita e uno spirito. Prendete ad esempio Monasterace, in provincia di Catanzaro. Quest’anno, come ogni anno, il mare se n’è portato via un altro pezzetto. Se la conosceste potreste immaginare il suo spirito come quello di un signore anziano, con la pelle resa coriacea dal sole e dalla fatica, i capelli bianchi, corti, incrostati di salsedine, con una canottiera bianca e zoccoli di legno ai piedi rovinati. Un signore che fa fatica ad andare avanti e che non sa nemmeno cosa sia un cinema. Abbastanza facile da immaginare, no?
Premesso questo, potete immaginare lo sconcerto di chi era in grado di scorgerlo nel vedere lo spirito di una città come Roma, eterna e bellissima, decadere, lottare contro i suoi figli e quindi ammalarsi -forse di delusione- per poi cominciare a morire lentamente. E la disperazione di riconoscere un rantolo di morte, prima della fine. Come vedere quel grumo di sangue sputato sul fazzoletto bianco.
Io lo so. Io c’ero. Io l’ho vista morire, quella bellezza di città. Come sono scampata?
Facile: ero su un treno che mi stava portando via da lì. Sono stata fortunata, in un certo senso. Ma in fondo aver visto morire una cosa così grande, così antica e potente, mi ha segnata per sempre.
Se sto scrivendo queste parole, se sto raccontando tutto questo, è perché non voglio che accada di nuovo, benché comprenda perfettamente che probabilmente sta già succedendo altrove, come una malattia che dilaga, non solo in questo paese maledetto.
Ma i giornali non ne parlano. Come potrebbero farlo? Esiste qualcuno di così folle da scrivere un coccodrillo per la propria città natale, in previsione del suo “spegnersi circondata dall’affetto dei cari, dopo lunga e sofferta malattia”?
No. Certo che no. Quindi eccomi qui a raccontare la sua storia.